SINOSSI di Profondo rosso veronese
Delmiglio editore, 2022 – L’opera conclude il trittico iniziato con Nero veronese, seguito poi da Giallo veronese, sempre dello stesso editore.
Si inserisce pertanto nel solco dei due precedenti titoli: la ricerca storica di casi di cronaca nera che hanno segnato il passato di Verona e del suo territorio; casi sui quali pende tuttora un velo di mistero, di ambiguità, di dubbio, o quanto meno di zone grigie.
Non si tratta di cronaca recente (non mi interessava fare dell’attualità), ma del passato lontano, sebbene in questo terzo lavoro mi sia spinto fino agli anni Settanta del secolo scorso.
Le indagini quindi abbracciano un arco di tempo che va dagli ultimi decenni dell’Ottocento fino a quasi tutto il Novecento.
La metodologia è la medesima: il paziente lavoro di scavo: archivio di Stato, archivi parrocchiali, consultazione di vecchie annate di quotidiani locali (in primis, ovviamente, L’Arena). Tale via si integra poi con la raccolta di testimonianze dal vivo (dove possibile) e della ricognizione dei luoghi dove sono accaduti i delitti.
Il lavoro però non si riduce a una semplice narrazione cronachistica dei fatti ma considera la dimensione storica, sociale, culturale che fa da cornice agli eventi trattati, in un legame inscindibile.
Anche questo libro è impreziosito da foto e immagini.
Rispetto al primo libro, Nero veronese, che dedicava ogni capitolo solamente a singoli casi specifici, qui abbiamo (anche) più eventi accomunati in un tema generale. Per esempio: la credenza nella superstizione e nel paranormale (“Tra gotico, occultismo e stregoneria”); i femminicidi (“Di orchi, di fanciulle, di ratti e delitti”); i cold case legati al lago di Garda (“Giallo sul lago”); i drammi che hanno segnato gli anni Settanta a Verona (“The Seventies in noir per Verona”).
Due interessanti argomenti, caduti nell’oblio dalla memoria dei veronesi, sono: il fenomeno della cosiddetta “mafia della carne”, che terrorizzò il nostro territorio negli anni Settanta con vere e proprie esecuzioni, e gli attentati terroristici di matrice altoatesina che interessarono Verona tra gli anni Sessanta (dove perse la vita un addetto ai bagagli della stazione ferroviaria di Porta Nuova), e i primi anni Settanta.
Nel primo caso, sono riuscito a parlare con testimoni che ancora vivono nell’omertà: i colpevoli – mi è stato rivelato – sono ancora qui, e continuano a fare paura.
Interessante poi il caso di una misteriosa donna trovata morta sulla spiaggia di Garda nel 1947: per indagare su questa faccenda mi sono recato fino a Trieste, dove la tizia abitava.
Nel mio lavoro mi sono occupato di alcuni tra i più celebri processi veronesi di fine Ottocento, come quello Lenzi – Contro, oggi completamente dimenticati.
La filosofia che sottende le mie ricerche è quella di recuperare storie obliate (alcune marginali, altre significative per la vita veronese), da restituire alla collettività.
Il materiale emerso è stato davvero tanto, e ancora una volta ho dovuto procedere a una selezione.
Seguirà un quarto titolo? Chissà.
Nicola Ruffo
SINOSSI de “La Profondità dell’Iride” clicca
Tredici racconti tra il noir, l’horror e l’onirico in cui il tema dell’angoscia viene sviluppato e analizzato.
L’inquietudine che pervade i protagonisti, in un vissuto di impotenza di fronte a una minaccia che li sovrasta, o a un dramma che li sconvolge, è il fil rouge che unisce le storie.
Non ha importanza che il pericolo sia reale o solo immaginato; ciò che conta è l’emozione concreta che ne deriva, gli effetti che ne scaturiscono.
L’incubo può essere costituito dalla presenza di un serial killer che circola in un quartiere degradato alla ricerca di vittime, oppure da una donna fanatica presa nei suoi deliri ideologici, che perde il senso della realtà. Oppure ancora dal potere disumanizzante di un’azienda che fagocita i suoi dipendenti, o dal sentore di una catastrofe imminente che sta per travolgere una comunità.
O ancora, da una sfida scellerata di due giovani incoscienti che finirà in tragedia, o da un’ossessione per qualcosa di indefinito che però scaraventa il protagonista in un inferno.
Alcune storie prendono spunto da fatti di cronaca realmente accaduti, o da situazioni reali, altre ondeggiano verso un onirico che però si pone come metafora di qualcosa d’altro.
L’obiettivo di questo mio lavoro era di analizzare il sentimento dell’angoscia, dello spaesamento, dell’ossessione, senza dover tirare in ballo mostri o altre creature fantastiche, o scomodare l’abusato soprannaturale.
Quello che mi proponevo era mostrare come il vero orrore sia qualcosa che nasce dal quotidiano, qualcosa cioè che sia insito in esso.
Il titolo dell’opera è preso da uno dei racconti. Ho scelto quello che mi sembra più suggestivo e azzeccato.
Nicola Ruffo